Entrare in un mondo sconosciuto e restarne sorpresi, incantati. Quasi sospinti da una forza invisibile. Potere dell’arte musicale: quella che desta stupore di continuo, che apre squarci nell’indefinito mondo delle emozioni e le cristallizza in vibrazioni autentiche e genuine, in soffi vitali che generano energie. È quanto vien fuori dall’ascolto di un disco appena prodotto dall’etichetta discografica Dad Records, e realizzato con il sostegno della «Programmazione Puglia Sounds Producers 2020/2021», all’interno del bando «Regione Puglia FSC 2014/2020 Patto per la Puglia – Investiamo nel vostro futuro».
Protagonista è la talentuosa flautista Anna Lisa Pisanu, in un lavoro – che ha visto la luce nel mese di ottobre 2021 – il cui titolo «Incantations. Silenzio della Terra» si prefigura come un viaggio incantato nei luoghi magici della percezione sonora. Con l’utilizzo del flauto in tutta la sua gamma timbrica, sfruttando le potenzialità di uno strumento che ha conosciuto soprattutto nell’ultimo secolo un’evoluzione stilistica sorprendente.
Lo dimostra l’impaginato scelto da Pisanu, che accosta a due opere che non è azzardato definire ormai dei «classici», come il «Concerto per flauto e orchestra d’archi» di André Jolivet (1905-1974) e «Syrinx» per flauto solo di Claude Debussy (1862-1918), tre preziosissimi brani di raro ascolto come la «Sonatine» per flauto solo di Henri Tomasi (1901-1971), «Silenzio della Terra» per flauto e percussioni di Jane O’Leary (1946) e «Muraiki» per flauti ed elettronica del compositore pugliese Pantaleo Gadaleta (1966).
«Sono sempre stata attratta dalla musica del ‘900 – spiega la flautista -, in modo particolare dalle timbriche e dalle suggestioni che regalano autori come Jolivet e Takemitsu. Sono partita da questi due pilastri nel confezionare il lavoro per il disco, ai quali ho avvicinato la poetica struggente di O’Leary e l’estetica ricca di colori di Tomasi. Ho chiesto poi a Gadaleta di comporre un pezzo che utilizzasse lo Shakuhachi (che amo), il caratteristico flauto dritto giapponese dal suono etereo e meraviglioso. Tutto questo mi ha permesso di offrire un ventaglio molto ampio di quel mondo parallelo che il ventesimo secolo ha creato per il flauto, permettendogli di esprimere con naturalezza qualsiasi linguaggio. Sono brani che mi incantano ogni volta che li suono o li ascolto, che aprono ad un immaginario molto ampio: da qui il titolo evocativo del disco, in una comunione speciale con la natura, tema centrale del brano di Jane O’Leary e non solo».
Il «Concerto per flauto e orchestra d’archi» di Jolivet segna il primo degli «incantesimi» del disco: un capolavoro in cui lo strumento solista e gli archi si fondono nel linguaggio suadente e composito dei quattro movimenti. Questo brano, come gli altri, designa quello che il filosofo Walter Benjamin chiamerebbe «l’incantesimo della soglia», ossia ciò che attrae all’ingresso di qualcosa, che sospinge all’entrata. Non a caso la «soglia» è una metafora decisiva nella musica contemporanea, in cui la percezione sonora diventa un attraversamento continuo tra cellule melodiche e frammenti armonici. Un’accezione musicale, ma anche prospettica, che invita l’ascoltatore ad un cammino spesso impervio, ma di grande fascino.
Lo si sperimenta con la «Sonatine» di Tomasi, dall’architettura formale molto attenta ai particolari in ciascuno dei quattro movimenti (con un’eredità evidente nella musica francese post-debussyana e ispirata anche dal Gruppo dei Sei); mentre «Silenzio della Terra» di O’Leary è un piccolo gioiello per flauto e marimba (e tom tom) che trae ispirazione dal poema di Mario Luzi «Alla vita». Con la natura in controluce e i versi finali che magnificano «la voce materna» come fonte di tutte le cose. Rappresentata dal flauto, questa semplice voce melodica emerge gradualmente nel corso del pezzo, dove sembra quasi di “sentire” il movimento perpetuo dello scorrere dell’acqua, in un clima di straordinaria bellezza estatica.
Si rimane all’interno dell’argomento natura con «Toward the sea», il brano commissionato a Takemitsu da Greenpeace per una campagna atta a salvaguardare la vita delle balene. La versione per flauto alto e chitarra (ne esistono altre due per differenti organici) è divisa in tre sezioni: «La notte», «Moby Dick» e «Cape Cod», con un chiaro riferimento al celebre romanzo di Melville dedicato alla più famosa balena della letteratura. In tutto il brano il compositore giapponese sottolinea la dimensione spirituale del libro, citandone anche un passaggio centrale: «La meditazione e l’acqua sono sposati insieme». Un omaggio al mare come fonte materna di tutte le cose e un ritorno ad una scrittura più legata alla tonalità per Takemitsu, dopo un periodo molto sperimentale.
Con «Syrinx» di Debussy si aggiunge un altro tassello fondamentale al mondo incantato del disco: il brano è ideato per accompagnare la scena della morte del dio Pan, non ricambiato dalla ninfa Siringa, di cui è innamorato; la ninfa, inseguita dal dio, si getta in un canneto trasformandosi per intervento divino in una canna. Ma Pan, preso dallo sconforto, taglia la canna e la divide in vari pezzi: da qui la creazione del cosiddetto flauto di Pan, o «siringa».
Un discorso a parte merita il bellissimo brano «Muraiki» di Gadaleta: un pezzo dedicato all’essenza del Giappone, «un luogo atavico – spiega il compositore – che affonda le radici nella notte dei tempi, tra grande cultura e tradizione. E che ha anche un notevole rapporto con la natura e la divinità». «Muraiki» è dunque il suono dello Shakuhachi, lo strumento così affine allo zen e alla meditazione: da qui «il soffio, quel rumore bianco che precede una nota quando si vuole caricare di energia il suono». Nel brano vi sono elaborazioni ulteriori di materiale tradizionale giapponese, strizzando l’occhio alle sonorità di Takemitsu e Toshio Hosokawa. Strutturato in due parti facilmente riconoscibili, nella prima si esplorano le caratteristiche timbriche dello strumento, tra suoni convenzionali e sprazzi di melodie. Poi viene dato libero spazio alla liricità del flauto, sfruttando le caratteristiche dell’esecutrice che ha uno stile inimitabile nel far cantare il suo strumento. L’aggiunta dell’elettronica costituisce poi un filtraggio ulteriore, uno spezzettamento di materiale sonoro che viene unificato ad altri suoni. Lo strumento viene così immerso in una specie di limbo elettronico, in una riverberazione magica e colorata, quasi senza tempo.